sabato 18 luglio 2009

e-ISSN

Gli standard (ovvero, le norme) non sono un bene in sé, ma per sé, ovvero interessano per la loro funzione, che è quella, rara, di semplificarci la vita. Ogni norma nasconde un sistema tassonomico al quale, più o meno occultamente, rinvia. Ma la realtà è meritoriamente più ricca di qualsiasi tassonomia. La concezione del mondo di ISSN è ancora a nostro favore o lavora contro di noi?

I documenti elettronici e quelli analogici trasdotti in formato elettronico vengono ospitati, insieme con la loro descrizione simbolica, nel medesimo archivio o base di dati. Anche le biblioteche in parte lo fanno: il catalogo non è poi tanto lontano dagli scaffali - ma lo fanno solo in parte: il record catalografico è comunque separato dal documento. Nel caso elettronico è l’opera, più che l’edizione, a essere oggetto di conservazione e diffusione, insieme con la propria descrizione simbolica, tanto che l’una e l’altra fanno, quasi, corpo comune (embedded), per cui accedere al dato (“scaricarlo”) comporta l’accesso anche ai suoi metadati: l’involucro editoriale diviene per ciò stesso secondario rispetto al contenuto dell’opera e anzi all’opera stessa, che ormai solo virtualmente è ospitata in quei contenitori. E ancora: se il documento è formalizzato in linguaggio XML (e se tutte le aree della rete sono ugualmente accessibili - cosa che non sempre il commercio editoriale favorisce: queste restrizioni sono una delle ragioni del travolgente sviluppo degli accessi aperti, che consentono anche sperimentazioni di tecniche di retrieval impensabili sui siti degli editori), ciascun lettore può diventare data miner creando il proprio, personale e personalizzabile, networked information environment. Il Web 2.0 ne è pieno. L’operazione non è diversa da quella del documentalista che rielabora e riconfeziona (repackaging) l’informazione trovata per un dato ricercatore/utente/cliente.

Ma ISSN identifica solo la testata della rivista (al limite, aggiunge un codice relativo al luogo di pubblicazione...), né tratta il volume né il fascicolo né tanto meno l’articolo. Dal 1991, nella coscienza di questa deficienza, ISSN identifica anche il formato della testata (manifestation identifier), rafforzando e ampliando, così, proprio la voragine fra opera ed edizione. e-ISSN consente sì l’identificazione di un record unico insieme con la molteplicità delle sue manifestazioni, ma solo la base di dati centrale ISSN tiene traccia di tutte le manifestazioni dell’oggetto, ovviando così al fatto che una qualsiasi altra base di dati possa citare questa o quella forma del documento, ma ISSN-IC (International Centre) non è interrogabile dal lettore...

A questo punto, bisogna domandarsi quale sia l’oggetto codificato, cioè che cosa sia una rivista elettronica, elencando le sue varierà: è copia elettronica della rivista cartacea? è copia arricchita, o meno, di metadati? oppure è rivista autonoma, ipertestuale, ipermediale, interattiva e magari in XML? Tutte queste variazioni della realtà meritano per ISSN uno e un solo codice identificativo. È come se si riproponessero le medesime “delizie” del Web: l’identificazione dei contenuti viene affidata all’indicizzatore che sta “a valle” della produzione, invece che all’autore o all’autorità che ha prodotto o pubblicato “a monte” il documento.

L’importanza di un ISSN corretto è sottovalutata, tanto che non ci sono catalogatori presso gli editori mentre ce ne sono presso gli archivi ospitanti o aggregatori.

È allora assai più importante di prima che ogni documento elettronico in quanto tale possieda un codice identificativo univoco. Il DOI, identificatore di oggetti digitali, possiede una granularità che scende fino al documento e non dice nulla dell’editore o della testata (che, abbiamo visto, diventa secondaria per la base di dati che ospita il documento), e permane anche al cambiare dell’ISSN. Altre soluzioni (MEDRA, SICI, CODEN, ISTC, eccetera) servono per altri scopi e non raggiungono i medesimi risultati. I problemi gestionali, così, aumentano: cambiare codici e cataloghi ogni volta che una testata cambia padrone (perché la globalizzazione editoriale è oggi in piena febbre da concentrazione) ogni volta che cambia l’URL del documento? o affidarsi all’impianto di un ERMS, Electronic Resources Management System per ogni biblioteca o sistema bibliotecario?

Così, la funzione di ISSN permane vitale nonostante la differenziazione fra l’opera e la sua manifestazione e nonostante che l’editore tenda ormai a utilizzare preferibilmente il DOI: finché il sostrato elettronico non avrà sostituito quello cartaceo, il ricorso a questo doppio canale rimane inevitabile, a meno che non venga separata nettamente la gestione delle riviste elettroniche da quella delle riviste cartacee digitalizzate e da quella delle riviste cartacee digitalizzate e arricchite, secondo il principio che, al cambiare di una manifestazione esistenziale, ne debba cambiare l’identificativo (ma il numero delle varianti possibili delle riviste è superiore a due - cartaceo contro elettronico). Per ora, le revisioni dello stesso ISSN Manual sono pressoché continue e gli anni di contraddizione non accennano a finire.

C’è un’ulteriore strategia, in corso ma non d’immediata realizzazione e che va nel senso del Web più avanzato, e che ne potenzia proprio le spiacevoli “delizie” di cui sopra: aumentare la numerosità delle strategie di ricerca e di aggiramento di questi ostacoli, affidando la propria salvezza alla Rete e alle sue integrazioni, più che affidarla all’escogitazione di una codifica univoca e universale.

[post-print da "Il bibliotecario", III serie, ISSN 11250992, 1/2009, p. 118-120]

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