martedì 6 ottobre 2009

Biblioterapia

Prima si classifica il paziente (di solito, depresso o ansioso), poi gli si scelgono i libri appropriati. Questi li legge e poi ne discute i risultati. Effetto atteso è una catarsi. Una volta così sensibilizzato, il sofferente viene guidato alla soluzione dei suoi problemi. Semplice.

Le prime avvisaglie scientifiche risalgono alla metà degli anni Novanta, quando a qualche centinaio di professionisti fu chiesto conto dell'uso della lettura come metodo terapeutico: tre quarti di loro risposero affermativamente e sei settimi giudicarono che la lettura era stata determinante per un miglioramento. In séguito furono registrate diverse rilevazioni positive attraverso gruppi di controllo.

L'evoluzione disciplinare è stata intensa, per cui abbiamo ora almeno quattro tipi di biblioterapisti: psicoterapeuti (per la cura di disturbi mentali - e la sotto-disciplina è detta "biblioterapia psicoterapeutica"), medici (soprattutto per educazione sanitaria), psicologi (per prevenzione e sostegno psicologico - si tratta di “biblio-psicologia”, “biblioterapia psicologica” o “psicobiblioterapia”) nonché educatori e operatori della formazione (in àmbito pedagogico, artistico, motorio, sociale, ricreativo, eccetera - e si parla allora di “counseling biblioterapeutico”, “letteratura-evolutiva”, “orientamento biblioterapeutico”).

La scelta del materiale librario va da manuali ad hoc per adulti (come Feeling good di David Burns o Control your depression di Peter Lewinsohn o, in italiano, Psicologia della solitudine di Antonio Lo Iacono o I no che aiutano a crescere di Anthony De Mello, o altri) a letteratura specializzata per l'infanzia e l'adolescenza, fino a qualsiasi opera venga giudicata adatta, nel qual caso diventa cruciale la collaborazione specialistica del "buon" documentalista, utile per la scelta di libri che siano anche ben scritti (estetico-terapia?) oltre che efficaci. Queste due tendenze (manuali di auto-aiuto o buone letture) si dividono il campo teorico della disciplina.

Ansioso? Leggi un romanzo, invitava Paola Emilia Cicerone su «L'espresso» del 23 gennaio 2008, dando conto anche di bibliografie preparate dal National Health Service britannico. La posizione è sostenuta anche da Shechtman e Nir–Shfrir dell'Università di Haifa, che esaltano gli effetti "affettivi" della lettura nel trattamento psicoterapico. Freud, dal canto suo, sconsigliava ai nevrotici di leggere trattati scientifici o filosofici per non esaltare troppo le componenti intellettuali del loro disagio.

Non possiamo, qui, alla ricerca dei prodromi, dimenticare l'arte medica di François Rabelais quando sostiene, nel cosiddetto "Ancien prologue" a "Le Quart Livre / des faicts et dicts heroïques du bon Pantagruel":
«Si je prenoie en cure tous ceulx qui tombent en meshaing & maladie, la besoing ne seroit mettre telz livres en lumière & impression. [...] Puis doncques que possible n'est que de tous malades soys appellé, que tous malades je prenne en cure, quelle envie est-ce tollir ès langoreux & malades le plaisir & passetemps joyeux, sans offense de Dieu, du Roy ne d'aultre, qu'ilz prennent, oyans en mon absence la lecture de ces livres joyeux?».
Che in realtà, proponendo la lettura delle sue opere gioiose come surrogato della presenza di se stesso come medico, egli dimostra di appartenere all'altra corrente, quella degli autori di manuali di auto-aiuto, come effettivamente sono i cinque libri della serie Gargantua-Pantagruel.
Oppure, con intento contrario e maligno - ma sarebbe un oggetto della voce "A (o Pseudo) biblía" -, indurre seri problemi di certezza di sé e del mondo consigliando di rintracciare e leggere qualcuna delle opere catalogate da Johann "Mentzer" Fischart nel suo Catalogus catalogorum perpetuo durabilis (1567) o da qualcuno dei suoi molti epigoni... E al di fuori dei libri? Non rimane che consigliare le "pietre che cantano" (Marius Schneider, ISBN 887710645X) per rivivere, dopo la catarsi, al ritmo dei chiostri catalani di stile romanico.
  • Dheepa Sridhar, Sharon Vaughn, Bibliotherapy: practices for improving self-concept and reading comprehension, In The social dimensions of learning disabilities. Essays in honor of Tanis Bryan. Mahwah, NJ: Erlbaum, 2000.
  • Zipora Shechtman, Rivka Nir–Shfrir, The effect of affective bibliotherapy on clients' functioning in group therapy, «International Journal of Group Psychotherapy», gennaio 2008.
[post-print da "Il bibliotecario", III serie, ISSN 11250992, 1-2/2010, p. 243-244]

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