L’iniziativa di "Liquidpub", curata da Fabio Casati, Fausto Giunchiglia e Maurizio Marchese dell’Università di Trento, nasce da Publish and perish: why the current publication and review model is killing research and wasting your money, pubblicato dai tre autori su “ACM Ubiquity” nel febbraio del 2007. A esso fa naturale séguito il più recente - dello scorso ottobre - Liquid publications: scientific publications meet the web. Changing the way scientific knowledge is produced, disseminated, evaluated, and consumed, e che costituisce il documento d’apertura di liquipub.org.
Il mondo delle pubblicazioni scientifiche - sostengono - continua a comportarsi come se il Web (e il Web 2.0) e la tecnologia dell’informazione e della comunicazione, non esistessero, continuando piuttosto a basarsi sui paradigmi tradizionali della pubblicazione a stampa e del controllo di qualità dei pari. Il risultato è che ogni innovazione portata a un risultato scientifico continua a produrre un nuovo documento a stampa essenzialmente statico, senza vero riuso né evoluzione della pubblicazione e, fatto non secondario, con un tempo abbastanza lungo per la sua diffusione nella comunità scientifica di riferimento nonché - ed è forse questa la conseguenza che giudicano più grave - con un continuo accavallarsi di nuove pubblicazioni in un’ansia isterica da pubblica-o-muori, ciascuna originale nell’identificazione della proprietà intellettuale, ma assai poco originale nei contenuti. Le “pubblicazioni liquide” dovrebbero invece seguire le modalità evolutive del software, specialmente di quello aperto, per il quale un innovatore non riscrive, aggiornandolo, il vecchio manufatto, ma semplicemente lo integra con le novità apportate.
Ne discendono alcune conseguenze. Nascerebbero oggetti cognitivi che si presentano come evolutivi, collaborativi e sfaccettati e che potrebbero essere composti e fruiti a diversi livelli di dettaglio, anche a quello di “lavoro in corso”. Si potrebbe operare una rimozione e una sostituzione del concetto stesso di rivista e di convegno, così come ordinariamente costrette nelle fattispecie di collezioni editoriali spesso non coerenti con i contenuti ma che, viceversa, attraggono le pubblicazioni per la fama editoriale riconosciuta alla collezione stessa: queste concezioni di “rivista”, “convegno” e “collezione” diventerebbero presto obsolete per quanto consistono, oggi, di istantanee periodiche di documenti più o meno unitari nell’argomento e sottoposti a, e selezionati da, una determinata élite. Infine, verrebbero mutati anche i criterî di valutazione dello scritto, sulla base dell’interesse che ha suscitato nella comunità di riferimento e dei contributi innovativi che ha stimolato, più che sulla base di considerazioni a priori da parte di “pari” e di “esperti”.
La discussione (internazionale) è sollecitata: gli autori invitano ad acquisire gli esempi proposti sul sito Web e scrivere commenti all’indirizzo liquidpub@liquidpub.org.
[post-print da "Il bibliotecario", III serie, ISSN 11250992, 3/2008, p. 137-138]
Il mondo delle pubblicazioni scientifiche - sostengono - continua a comportarsi come se il Web (e il Web 2.0) e la tecnologia dell’informazione e della comunicazione, non esistessero, continuando piuttosto a basarsi sui paradigmi tradizionali della pubblicazione a stampa e del controllo di qualità dei pari. Il risultato è che ogni innovazione portata a un risultato scientifico continua a produrre un nuovo documento a stampa essenzialmente statico, senza vero riuso né evoluzione della pubblicazione e, fatto non secondario, con un tempo abbastanza lungo per la sua diffusione nella comunità scientifica di riferimento nonché - ed è forse questa la conseguenza che giudicano più grave - con un continuo accavallarsi di nuove pubblicazioni in un’ansia isterica da pubblica-o-muori, ciascuna originale nell’identificazione della proprietà intellettuale, ma assai poco originale nei contenuti. Le “pubblicazioni liquide” dovrebbero invece seguire le modalità evolutive del software, specialmente di quello aperto, per il quale un innovatore non riscrive, aggiornandolo, il vecchio manufatto, ma semplicemente lo integra con le novità apportate.
Ne discendono alcune conseguenze. Nascerebbero oggetti cognitivi che si presentano come evolutivi, collaborativi e sfaccettati e che potrebbero essere composti e fruiti a diversi livelli di dettaglio, anche a quello di “lavoro in corso”. Si potrebbe operare una rimozione e una sostituzione del concetto stesso di rivista e di convegno, così come ordinariamente costrette nelle fattispecie di collezioni editoriali spesso non coerenti con i contenuti ma che, viceversa, attraggono le pubblicazioni per la fama editoriale riconosciuta alla collezione stessa: queste concezioni di “rivista”, “convegno” e “collezione” diventerebbero presto obsolete per quanto consistono, oggi, di istantanee periodiche di documenti più o meno unitari nell’argomento e sottoposti a, e selezionati da, una determinata élite. Infine, verrebbero mutati anche i criterî di valutazione dello scritto, sulla base dell’interesse che ha suscitato nella comunità di riferimento e dei contributi innovativi che ha stimolato, più che sulla base di considerazioni a priori da parte di “pari” e di “esperti”.
La discussione (internazionale) è sollecitata: gli autori invitano ad acquisire gli esempi proposti sul sito Web e scrivere commenti all’indirizzo liquidpub@liquidpub.org.
[post-print da "Il bibliotecario", III serie, ISSN 11250992, 3/2008, p. 137-138]
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